sabato 30 luglio 2016

Pedemontana Veneta: 12 cittadini veneti rispondono ai 12 cavalieri dell'apocalisse del Veneto


Da anni il Covepa, assieme alle altre forze che si battono contro la Pedemontana griffata Galan e Zaia, va denunciando gli scempi che a malapena si celano dietro il progetto: magagne ambientali, forzature amministrative, marchiana insostenibilità dei costi sono i tre fattori che ci hanno visto schierati contro i novanta chilometri della Spresiano Montecchio e le sue speculazioni accessorie.
Per anni siamo stati prima ignorati, poi dileggiati, poi criticati. Mai però senza uno straccio di argomentazione circostanziata. La crescita, il pil, la partita infrastrutturale, il traffico, il volere della gente, (anche se non si sa bene di chi) sono stati i randelli di una propaganda politico mediatica. Siamo arrivati al punto che con malcelata ironia il direttore d'una grande testata regionale ci ha definiti in un dibattito pubblico «i tupamaros» della Pedemontana. Epperò i tupamaros, pur senza quattrini, pur senza l'appoggio di lobby e loggette, le carte le ha studiate. Con fatica, con sacrificio e con grandi difficoltà, anche grazie all'aiuto di qualche sparuto giornalista che si è rifiutato di far da velina alla giunta veneta e al commissario straordinario alla Spv Silvano Vernizzi, siamo riusciti a dimostrare che le nostre conclusioni erano corrette. Che i flussi di traffico ipotizzati in sede di accordo pubblico privato non erano sufficienti a giustificare un intervento, pomposamente definito con una parola pressoché inventata come project financing, ad iniziativa appunto privata: ovvero quella del Consorzio Sis. Il rischio che soggiaceva all'uso di questo sciagurato strumento lo avevamo denunciato da subito. Ed era quello che all'ultimo momento fosse il pubblico ad accollarsi gli oneri, sgravando la privatissima controparte di molto, se non tutto, il rischio d'impresa.
Nonostante questo il maggior sponsor dell'opera, la Confindustria veneta, pur muta davanti ai conflitti di interesse, ai rischi connessi, alle relazioni pericolose col sistema Incalza e col sistema Mose ha continuato a brandire i suoi randelli e i suoi megafoni mediatici facendo passare un messaggio molto chiaro: ci sono interessi troppo cospicui in campo, l'opera va fatta e basta. Tra questi quelli di dodici speculatori immobiliari tra i più interessati alla partita delle aree attorno ai caselli della SPV: questo è proprio il veneto che deve finire.

Oggi però, di fronte ai dubbi micidiali sollevati anche dalla stampa nazionale nonché dalla parte più influente del governo Renzi, come dalla Corte dei conti, è emerso ancora una volta che l'opera, con o senza la suzione diretta o indiretta della mammella statale, costerà alla collettività, veneta in primis, un'apocalisse finanziaria. Messa quindi di fronte al fatto compiuto Confindustria, lasciando stare i nani e le ballerine che dal salotto politico li ossequiano ad ogni passo, si è dovuta spingere oltre. Arrivando a dire, nell'ultima sua presa di posizione, che al di là dei numeri, al di là dei rischi, al di là delle questioni pratiche e reali l'opera va fatta senza se e senza ma. Un bel progresso per chi aveva bollato il nostro no (sempre documentato, sempre corroborato da proposte alternative concrete) come ideologico.
Ma allora il sì assoluto degli industriali non è, questo sì, ideologico? Sinceramente per i sacerdoti del sì la categoria ideologica è troppo ristretta. Il favore alla Pedemontana (al netto degli intrallazzi che abbiamo sempre denunciato), alla faccia di una vulgata che vede i capitani d'industria tutti intenti a valutare su base razionale, ha oltrepassato ogni categoria umana. Ed è divenuta atto di fede, verità rivelata. Roba che l'ipse dixit aristotelico non è nemmeno buono per il Sapientino Clementoni. Ci manca solo che al prossimo summit sulle infrastrutture strategiche venga invocato “il mega direttore naturale galattico” in persona. Dopodiché Confindustria non si occuperà più di costruire la sua nuova sede, ma erigerà direttamente il suo nuovo tempio.
Matilde Cortese - imprenditrice agricola
Massimo Follesa - architetto insegnante
Elvio Gatto – medico dentista
Giovanni Scotton – pensionato
Paola Tonellato – insegnante
Francesco Celotto – imprenditore
Daniela Muraro – pensionata
Virgilio Sbalchiero – imprenditore in pensione
Ettore Bizzotto – operaio
Sonia Perenzoni – impiegata
Enrico Rosa – impiegato
Renato Volpiana – operaio

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