lunedì 8 dicembre 2014

SPV-Pedemontana Veneta: mostro da 2,5 mld nato vecchio di almeno 50 anni.


A parte qualche inesattezza sul procedimento con cui la Regione Veneto è chiamata a versare il canone anticipato, c'è da domadarsi come mai la testata on line vicina alla fondazione nord-est, cioè il gruppo di pensatori che ha spinto fino a ieri su queste opere comunque e dovunque, abbia avviato un ripensamento sul sistema GalanChissoZaiaMoretti delle infrastrutture come salvezza della patria propria e collettiva. 
Sembra una ballon d'essai, cioè il classico palloncino che, lanciato in aria prima dell'ascensione di una mongolfiera, segnalava la direzione del vento. Se a questo seguirà il varo della mongolfiera nella giusta direzione, staremo a vedere. Per questo vogliamo segnalare all'autore che, oltre al finanziamento pubblico di 650mln di €(370 mln dal governo + 280mln del finanziamento statale del 1998), va calcolato il citato contributo regionale in forma anticipata per 15 anni pari a 29,7 mln di € anno. Si tratta di complessivi 450 mln di € che saranno restituiti solo nel caso il traffico supererà la soglia garantita al concessionario. questo avverrà secondo la revisione del contratto di concessione e del piano economico e finanziario del 18/12/2013 che abbiamo provveduto a pubblicare nel blog del CoVePA (ndr).
Non passa giorno che il governatore Zaia non sbandieri quanto sia strategica la Pedemontana Veneta. Era la fine di ottobre e il SuperGovernatore tagliava il nastro di un lotto dell'autostrada attesa da decenni: 94 chilometri che dovrebbero sbloccare il produttivo e ricco NordEst, bisognoso di strade e infrastrutture per le sue merci. In tre anni dall'inizio dei lavori, è stato costruito solo il 10%.
Ma siamo sicuri che la Pedemontana, così come tante altre grandi opere, servano davvero? Viene da pensare il contrario, e cioè che le osannate opere pubbliche non servano a niente, ma siano solo modi per distribuire appalti, tanto cari alla politica. Intendiamoci: non è che le autostrade non siano (sulla carta) utili. Il problema è che servivano 20 o 30 anni fa. Oggi, non più: il rapporto costo/benefici è spropositato.
Negli anni Ottanta e Novanta il Veneto e il NordEst hanno perso decine di punti di Pil, migliaia di miliardi di vecchie lire, per colpa dei tir incolonnati a Mestre o nelle stradine di provincia dove le aziende nascevano come funghi ed esportavano in tutto il mondo; colpa di un sistema viario obsoleto che non faceva girare le merci alla velocità con cui il Made in Italy vendeva e conquistava i mercati. Ma è un film finito da tempo: il mondo è cambiato, l'Italia non è più sul podio da tempo, è un paese in declino (economico, industriale, sociale e culturale). Il Veneto non fa eccezione. E allora forse quelle opere sono fuori tempo massimo, non servono più.
Girano meno camion e meno merci. Un po' perché da 6 anni c'è la crisi. Un po' perché nel frattempo gli imprenditori del nord-est sono andati a produrre in Slovenia, in Romania, in Croazia. Dove la manodopera costa meno e la burocrazia è meno strangolante. Allora davvero servono ancora nuove strade al Veneto? O basterebbe ammodernare e migliorare quelle che ci sono (con costi infinitamente più bassi)? Il Veneto non è la California o il Texas dagli spazi sterminati. Oggi, in treno o in autostrada, da Brescia a Venezia è tutto un capannone (vuoto, perché c'è la crisi: anzi li scoperchiano apposta per non pagare Imu). Ma da quei capannoni non escono più i prodotti di un tempo. Così traffico autostradale (che in Italia è fatto per la maggioranza da tir e camion) cala.
Il rischio serio è che la Pedemontana diventi una BreBeMi bis. Un altro flop. L'autostrada Milano-Brescia, anch'essa attesa da tempo immemore, inaugurata la scorsa estate in pompa magna e tra mille fanfare con la presenza del premier Matteo Renzi, è finora un clamoroso insuccesso. Un'opera inutile. È vuota, non ci passa nessuno. E a pochi mesi dal via, sono già saltati gli schemi. Alla fine il conto rischia di pagarlo sempre il contribuente. Costruita con il sistema Project Financing, quindi finanziata dai privati che hanno in cambio l'usufrutto per ripagarsi i costi e guadagnarci, già oggi i calcoli di incasso futuro dei pedaggi (e quindi di rimborso per i costruttori) sono tutti da rifare. E siccome ai costruttori ci vorrà molto più tempo per rientrare dei costi (ammesso che mai rientreranno, se il traffico sarà a livelli così bassi), ecco che già si parla di un possibile "aiuto" dello Stato. Pagano i cittadini.
E ora arriva una nuova grande opera chiamata, come la BreBeMi, a salvare o rilanciare le sorti del paese: la Pedemontana è un'altra opera monstre. Sicuramente per quanto costa. Uno sproposito: quasi 2,5 miliardi di euro. L'architettura è la stessa della (finora) fallimentare BreBeMi. Il controverso Project Financing: nessun euro a carico dello Stato e del contribuente, ma rischio tutto sulle spalle dei privati. Ma come s'è visto per la Milano Brescia il rischio che lo Stato debba pagare c'è. I costruttori sono ripagati dell'opera con 39 anni di concessione per incassare i pedaggi: 30mila veicoli al giorno previsti. Ma saranno veramente 30mila? Quelle erano stime, analogamente alla BreBeMi, fatte negli anni d'oro, basate su simulazioni ottimiste che non prendevano in minima considerazione. 
Ma i costruttori, una cordata italo-spagnola capeggiata da Sacyr, si sono cautelati. C'è una clausola nel contratto: se i veicoli saranno meno di 12.500 al giorno allora la Regione Veneto pagherà un indennizzo di 14 milioni all'anno. Periodo ipotetico dell'irrealtà, fino all'anno scorso. Ma ora dopo il flop della BreBemi non sembra così irrealistico. Intanto allo Stato, che in teoria non dovrebbe sborsare un euro, la Pedemontana Veneta è già costata quasi mezzo miliardo: 170 milioni a cui si stanno per aggiungerne altri 330 per opere aggiuntive non preventivate. 
Il primo progetto della Pedemontana risale al 1966. Sono passati 50 anni. Un'opera in ritardo di mezzo secolo. Nei quasi 100 km si contano qualcosa come 15 caselli, uno ogni 8 chilometri: un impatto ambientale devastante. Alcuni piccoli centri, come Bassano o Breganze, si sono visti addirittura regalare due svincoli: tutte cose che si fanno con levitazione dei costi. Ma così si accontentano tutti i comuni: ognuno ha il suo piccolo tornaconto e può vantarsi di avere un'autostrada. Logiche da capitalismo feudale.
Ovviamente la politica non condivide le critiche e lo scetticismo. Anzi parla di opere prioritarie. Ma lo diceva anche della BreBemi. Ma si capisce il perché: le opere pubbliche significano appalti. E gli appalti danno lavoro e portano voti. Un modo per comprare il consenso, nel migliore dei casi. Nel peggiore sono un distributore di corruzione e di tangenti. La parola Mose dice niente?

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