domenica 6 gennaio 2013

Veneto, miraggio Pedemontana

Scritto da Fabrizio Colarieti   da il Punto Giovedì 27 Dicembre 2012 
Novantaquattro chilometri, due corsie in doppia carreggiata, sedici caselli, trentasei comuni interessati dall’opera - 22 nella provincia di Vicenza e 14 in quella di Treviso - costo complessivo dell’intervento circa 2,5 miliardi di euro. Sono questi i numeri di quella che sarà la superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta. Un’opera viaria attesa fin dai primi anni Settanta, nata sulla carta a metà dei Novanta, poi annessa nei piani europei del Corridoio 5 e da un anno in lentissima realizzazione. I lavori, se tutto andrà bene, finiranno nel 2016, a quasi trent’anni dall’inserimento della Pedemontana nel Piano regionale dei trasporti del Veneto. Appunto, se tutto andrà bene, perché dal 2009 a vigilare sui cantieri - 6 quelli principali distribuiti tra Montecchio Maggiore e Spresiano - c’è un commissario delegato, scelto dal governo Berlusconi e confermato dall’attuale. Si chiama Silvano Vernizzi, è un ingegnere, dirigente della Regione Veneto, già commissario delegato per il Passante di Mestre e segretario regionale per le Infrastrutture. Palazzo Chigi l’ha messo lì a fare fronte «allo stato di emergenza determinatosi nel settore del traffico e della mobilità nel territorio delle province di Treviso e Vicenza». Insomma la superstrada che doveva risolvere i problemi della viabilità veneta, alla fine, oltre a non averli manco mitigati, è diventata un’emergenza, come il terremoto, per non parlare del suo impatto sul territorio e della rischiosissima operazione finanziaria che sostiene il progetto. Chi la sta costruendo, in concessione, con la coraggiosa formula del project financing, è l’associazione temporanea d’imprese Consorzio Stabile Sis e Itinere Infraestructuras S.A. aggiudicataria, dal 2006, della gara di progettazione, costruzione e gestione dell’opera. Materialmente i cantieri sono affidati a una società di progetto, la Superstrada Pedemontana Veneta Srl, che nel 2009 è subentrata all’Ati nel ruolo di concessionario. Al vertice della Spv Srl c’è Domenico Dogliani, che ne è presidente, mentre un altro Dogliani, il cugino Matterino, è l’amministratore delegato. Dogliani, al Nord, non è un cognome qualunque, anzi vuol dire almeno due cose: cemento e vino.  continua a leggere DOGLIANI, CEMENTO E VINO -  IL PROJECT FINANCING - GLI ESPOSTI.
DOGLIANI, CEMENTO E VINO - Il geometra Matterino Dogliani, classe 1940 da Narzole provincia di Cuneo, controlla, assieme a un lungo elenco di familiari, una galassia di società impegnate nel cemento (tra cui il Consorzio Sis concessionario della Pedemontana) e nei vini, essendo il più grande produttore di uve da Barolo delle Langhe. Le società a lui direttamente riconducibili sono una dozzina. L’ammiraglia di famiglia è la Fininc Spa (93 milioni di capitale) di proprietà di Matterino (che ne è presidente e amministratore delegato), ma anche di Bartolomeo, Giorgio, Fiorenzo, Antonino e Francesco Dogliani (quest’ultimo ne è consigliere). Matterino Dogliani è anche l’ad del Consorzio Stabile Sis, il primo concessionario della Pedemontana, che è di proprietà di Sacyr Vallehermoso S.A., Inc Spa e Sipal Spa.. La Inc è interamente di proprietà dell’ammiraglia Fininc, che partecipa il Consorzio con una quota diretta del 39,90 per cento, oltre al 0,10 posseduto attraverso la Sipal Spa, quest’ultima a sua volta controllata da Fininc. Il Consorzio, come già accennato, è presieduto da Domenico Dogliani, già capo delle relazioni esterne del Gruppo Ferrero (quello della Nutella), e vi siede, in qualità di responsabile della progettazione della Superstrada Pedemontana veneta, anche Claudio Dogliani, figlio di Matterino, che è anche direttore generale dell’ammiraglia Fininc. La Superstrada Pedemontana Veneta Srl (200 milioni di euro di capitale) è di proprietà del Consorzio Sis e con una quota di soli 10 euro anche della spagnola Itinere Infraestructuras S.A (una controllata del gruppo madrileno Sacyr Vallehermoso S.A.). La famiglia Dogliani, tramite l’ammiraglia Fininc, controlla il 51 per cento del Consorzio Sis, che per il 49 per cento è nelle mani degli spagnoli della Sacyr Vallehermoso. L’assetto societario del consorzio è mutato di recente, ad aprile, quando proprio Sacyr Vallehermoso ha ceduto l’11 per cento delle quote permettendo alla Inc (e quindi Fininc) di controllarlo. Gli spagnoli della Sacyr in Italia sono di casa, perché tramite l’ex controllata Sis si erano già aggiudicati un contratto del valore di 100 milioni di euro per la costruzione della variante della statale del Monginevro (tratto stradale che rientrava nel progetto delle Olimpiadi Invernali di Torino 2006). 
IL PROJECT FINANCING - Il project financing prevede il coinvolgimento di soggetti privati nella realizzazione e nella gestione di opere pubbliche. Nel caso della Pedemontana, con questa formula, si è prevista la realizzazione di un’opera che ha un costo di circa 2,5 miliardi di euro e futuri ricavi non definibili (derivanti dai pedaggi). La parte pubblica ha messo solo 173 milioni di euro (versati in conto capitale dalla Regione Veneto), il resto, va da sé, è tutto a carico del privato che in concessione sta realizzando l’opera. Il costo dell’intervento, nel tempo, è lievitato superando gli iniziali 1,9 miliardi di euro previsti nella delibera approvata dal Cipe il 29 marzo 2006, che ha comunque inserito l’opera tra gli interventi strategici di preminente interesse nazionale. Il volume d’investimento sviluppabile, recita la stessa delibera, è stato quantificato in 225,8 milioni di euro con un costo residuo di 1,7 miliardi di euro «coperto dal concessionario con risorse proprie». Ulteriori finanziamenti pubblici sono previsti, in conto esercizio, pari a 7,3 milioni di euro ogni sei mesi per 30 anni, ma solo qualora i volumi di traffico siano inferiori alle previsioni (poco chiare). Alla scadenza dei 39 anni la gestione dell’infrastruttura tornerà nelle mani della Regione Veneto. Il Punto ha chiesto all’economista Luca Celi di valutare il rischio d’impresa e di dare un giudizio sulla fattibilità del progetto Pedemontana. «Le stime reali d’investimento e quelle reali di ricavo - spiega Celi - effettivamente non sono molto chiare nella delibera del Cipe che mi avete sottoposto. Posso dire che al momento è molto difficile che qualcuno in Italia faccia un investimento così massiccio, come nel caso della Pedemontana veneta. Nel nostro Paese c’è difficoltà d’interventi sulle infrastrutture, perché hanno tempi di realizzazione medio-lunghi e quindi è difficile calcolare realmente i rientri. Quest’opera, proprio per via del suo tracciato, ha anche una serie di problemi e di pressioni territoriali. Se fossi un investitore istituzionale - prosegue l’economista interpellato dal Punto - avrei qualche difficoltà a prendere per buono un progetto come questo. Secondo me le banche, una cosa del genere, parliamo di banche italiane, oggi non sarebbero in grado di sostenerla. Intesa, quando c’era ancora Passera che faceva operazioni solo di sistema, forse l’avrebbe potuta sostenere, ma già l’Intesa di oggi credo abbia difficoltà a farlo. E’ un’operazione più da fondi infrastrutturali, tipo quello di Gamberale (Vito Gamberale, amministratore delegato di F2i, ndr). Riusciranno a ultimare l’opera? Credo che in tal senso ci siano pressioni locali molto importanti, quindi potrebbero farcela, ma sicuramente con tempi e valutazioni che spingeranno sempre di più verso la componente pubblica del finanziamento, più che su quella privata. Indubbiamente - conclude Celi - il rischio d’impresa è molto alto». Non la pensa così Matterino Dogliani. Ecco, infatti, quanto dichiarò ai giornali locali il numero uno del Consorzio Sis in occasione della cessione delle quote di Sacyr. «Gli spagnoli ci hanno concesso la maggioranza del Consorzio perché di fatto stiamo facendo tutto noi. Ho letto che questo passaggio di azioni è stato interpretato come un segnale di crisi dei nostri soci spagnoli e di possibile rischio per la realizzazione dell’opera. Non è vero. Si tratta di una normale operazione di ribilanciamento azionario, la costruzione delle Pedemontana non è assolutamente in discussione. La solidità dell’operazione è data soprattutto dalla credibilità del progetto, dalla sua serietà, non è certo il passaggio dell’11% delle azioni all’interno del Consorzio a rendere più semplice o più complicato il finanziamento. Noi abbiamo un progetto che è molto serio, sia da un punto di vista tecnico che finanziario e su questo si basa il ragionamento con le banche». 
GLI ESPOSTI - Quali sono i dettagli della convenzione vigente tra commissario della Pedemontana veneta e Consorzio Sis, non è dato sapere. Non si conosce neanche il piano economico e finanziario, né i termini precisi del project financing, che secondo le norme sulla trasparenza italiane ed europee dovrebbero essere pubblici. Contro il progetto, e la sua «evidente insostenibilità », si è schierato da tempo il Coordinamento Veneto Pedemontana Alternativa (Covepa) che ha già promosso alcuni ricorsi al Tar del Lazio, contro il commissario Vernizzi, e depositato, nel novembre scorso, una denuncia alla Procura generale della Corte dei Conti del Veneto. In quest’ultimo documento - di cui Il Punto è venuto in possesso - il Coordinamento, innanzitutto, contesta i poteri del commissario e l’uso improprio delle ordinanze emergenziali e chiede alla magistratura contabile di accertare «l’effettiva sussistenza dello stato di emergenza dichiarato nei provvedimenti» con cui il governo ha nominato Vernizzi. Ma anche di verificare la legittimità «delle modalità con cui sono state programmate e/o utilizzate le risorse economiche per la realizzazione dell’opera», la «congruità degli investimenti effettuati e di quelli programmati » e «l’impiego delle risorse messe a disposizione alla Regione». Il Coordinamento chiede anche di quantificare l’eventuale danno «che potrebbe prodursi sul territorio regionale dalla realizzazione dell’opera», ma anche dalla sua mancata o parziale ultimazione. Dal punto di vista sostanziale il Covepa rimprovera l’omissione della valutazione degli impatti ambientali nel progetto definitivo e sostiene che dall’opera provenga un danno erariale per una serie di motivi (aumento di spesa rispetto a quella autorizzata dal Cipe, rischi territoriali connessi al potenziale fallimento del concessionario, congruità dell’impiego delle risorse pubbliche trasferite dallo Stato alla Regione e riscontro del loro ammontare, ecc.). Un ulteriore esposto era stato già presentato ad agosto, alla Guardia di Finanza di Bassano del Grappa, dove il Coordinamento Pedemontana Alternativa chiedeva all’autorità giudiziaria di procedere contro il Commissario Vernizzi per avergli negato l’accesso agli atti, in particolare alla Convenzione economica e al Piano economico finanziario. Anche il Movimento 5 Stelle Area Pedemontana Veneta ha presentato un esposto alla magistratura di Venezia il 28 settembre scorso chiedendo di far luce sulle carte mancanti (anche in questo caso Convenzione economica e Pef). Il commissario Silvano Vernizzi ha risposto con un memoriale, che ricalca sostanzialmente quello che ha detto al Punto nell’intervista qui accanto. La paura dei comitati, inoltre, è che il traffico sulla Pedemontana sia scarso e che quindi la Regione Veneto debba sborsare un bel po’ di quattrini in base all’accordo con il Consorzio Sis. «Il traffico in questa zona è in netto calo, parliamo di un 30-40% in meno rispetto al picco del 2007», spiega Francesco Celotto, membro del Coordinamento e candidato al Senato per il M5S. La paura dei cittadini è che a fronte di un piccolo tratto aperto il costo pubblico dell’opera sia molto alto. Circostanza peraltro smentita dal commissario, che ha assicurato che la superstrada verrà aperta al pubblico solo una volta ultimata. Banche permettendo.

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